Intervista ad alcuni autori di Monsterpiece, il romanzo. Di Pierpaolo Renella.

 Intervista ad alcuni autori di Monsterpiece, il romanzo. Di Pierpaolo Renella.

 

Annalisa:

Com’è nata l’idea di Monsterpiece?

 

Chi meglio di Jean Pierre potrà rispondere a questa domanda, l’idea infatti è sua. Ricordo come fosse oggi che mentre ci trovavamo tutti a chattare nel gruppo FB “quelli che vorrebbero partecipare a Masterpiece” (in seguito trasformatosi in “Quelli che avrebbero voluto partecipare a Masterpiece”) J.P. ha proposto di creare un vero e proprio romanzo a più mani, non un’antologia di racconti e da lì siamo partiti. Inizialmente Jan Pierre ha dato dei tempi precisi per raccogliere le adesioni, abbiamo cominciato in 12 e poi siamo rimasti in dieci.

 

Qual è il vostro percorso letterario? Che tipo di lettori siete?

 

Se può passare il termine, io sono una lettrice “onnivora”. Non ho generi né autori preferiti, leggo davvero di tutto, quello che non leggo sono i romanzi rosa e molto poco i gialli, poi adoro narrativa, thriller, non mi sono ancora mai buttata sul fantasy ma non escludo che lo farò. Adoro i classici, ma anche le nuove uscite e cerco di alternarne la lettura. Mi piacciono molto anche i testi teatrali, le commedie di Goldoni, Pirandello Ibsen, le commedie e le tragedie di Shakespeare. Insomma spazio molto nella lettura, l’importante è che il testo che ho davanti sia capace di stupirmi e catturare la mia attenzione, se è possibile anche facendomi riflettere. Mi piace molto anche l’ironia, sia nella vita che nella lettura, saper raccontare una storia anche seria con un pizzico d’ironia è arte pura.

Ho cominciato a leggere da piccola, ricordo che un giorno vidi in un giornale la campagna pubblicitaria del “Corriere dei piccoli”, c’era la fotografia di una bambina in tutù che leggeva i fumetti, mi colpì tantissimo e mi feci comprare il primo giornalino. Da lì in poi ho sempre letto, prima i fumetti e poi i romanzi per adolescenti alle medie e così via.

 

Monsterpiece è un libro corale. Cosa lo tiene insieme?

 

Ancora adesso che Monsterpiece è terminato, mi stupisco del lavoro che siamo riusciti a fare. Credo che in qualche modo dovessimo conoscerci e creare questo libro. Non so che futuro editoriale ci aspetta, se ne avremo uno, ma sono fiera del fatto che siamo riusciti a mettere qualcosa di ognuno di noi in questa storia senza prevaricarci mai, cercando sempre di fondere i nostri stili nella maniera più armonica possibile. Il collante del nostro romanzo siamo noi, la nostra capacità di collaborare, di fare squadra mettendo la nostra passione per la scrittura al servizio l’uno dell’altro per la creazione del nostro progetto comune.

 

Come nascono le vostre storie? Avete un piano preciso dall’inizio?

 

Raramente ho in mente una storia dall’inizio alla fine. Di solito penso ad una storia iniziale, magari ad un personaggio e poi man mano che scrivo aggiungo dei particolari e la storia prende vita da sé.

 

Questo stile giornalistico di frasi brevi imperversa in tutto il panorama italiano. Non vi sembra un allontanarsi brutale dalla letteratura?

 

L’importante è che le frasi, brevi o articolate che siano, non scadano nel banale. Paradossalmente una frase breve dev’essere pensata più a lungo, è molto più facile esprimere un concetto utilizzando lunghe spiegazioni, ecco perché l’idea di una comunicazione concisa ma immediata non è del tutto da demonizzare, secondo me. E’ anche in linea con lo stile di vita moderno, dove purtroppo si ha sempre meno tempo anche per la lettura. Detto ciò, la letteratura è un’altra cosa, non amo il linguaggio ridondante che trovo anacronistico però è chiaro che un romanzo non può essere fatto di frasi brevi, quelle le lasciamo all’informazione giornalistica.

 

Com’è il mercato editoriale italiano e come lo vedete in prospettiva. Ci sarà spazio per nuovi autori italiani?

 

Non è un mistero che il mercato editoriale italiano sia in crisi. Al momento non vedo molte possibilità di ripresa, purtroppo. Credo che i nuovi autori debbano farsi strada utilizzando anche i nuovi mezzi che tutti abbiamo a disposizione come internet che, se utilizzato con intelligenza, può fornire molte opportunità. Però spero anche che se non altro l’originalità e l’unicum del nostro progetto possano invogliare qualche editore “illuminato” a darci un’opportunità.

 

Secondo uno studio, nel 2024 il mercato del self publishing sarà pari a quello delle case editrici negli Stati Uniti. Un simile scenario è verosimile?

 

Credo che un simile scenario abbia molto poco di fantascientifico. Investire su dei nuovi autori è un grosso rischio che sempre meno editori vogliono o sono in grado di affrontare. Quindi penso che si diffonderà sempre di più il self publishing, anche se in questo caso lo scrittore, che è anche imprenditore di se stesso, è costretto ad assumersi rischi ben più grandi ed onerosi di quelli di un editore classico.

Dirce:

Com’è nata l’idea di Monsterpiece?

 

Il progetto è nato per iniziativa di Jean Pierre. Poi non ricordo tutti i dettagli. So che ha preso corpo pian piano e si è assestato.

 

Qual è il vostro percorso letterario? Che tipo di lettori siete?

Ho imparato a leggere e scrivere a quattro anni. A casa mia c’era un’enorme libreria a muro nel salone detta La libreria quasi un essere mitologico dotato di vita propria, dove mia madre mi mandava a cercare le risposte a tutte le domande, quando non c’era Internet. Dai fumetti ai libri per ragazzi, ai romanzi di Cassola, Chiara, Maraini, dal Milione alla storia d’Italia illustrata. Io sono dell’epoca dell’uscita de Il nome della rosa e di Essere o Avere. Nella mia casa da sposata non ho avuto pace finché cinque anni fa ho finalmente ricreato un mostro come La libreria nel mio corridoio, sia pure con il componibile dell’IKEA. Ma naturalmente non basta e al piano di sotto ho un piccolo ufficio dove metto i libri in prossima lettura. Attualmente sto leggendo Roma in fiamme di Franco Forte e Chi manda le onde di Fabio Genovesi.  Ho appena finito L’amica geniale della misteriosa Ferrante. Vabbè, se ora continuo con ciò che ho letto e ho intenzione di leggere, scrivo un altro Monsterpiece tutto da sola.

 

Monsterpiece è un libro corale. Cosa lo tiene insieme?

 

È un essere vivente, ormai, credo. Sappiamo da dove viene la vita? lo tiene insieme la voglia di armonizzare le nostre diversità che abbiamo avuto tutti fin dal principio. È come la realtà, mille sfaccettature,  un unico progetto. Il Caos primordiale si è pian piano coagulato.

 

Come nascono le vostre storie? Avete un piano preciso dall’inizio?

 

Come hanno detto gli altri, l’idea di base era quella di partire dal talent TV che sarebbe andato in onda e costruirci su una storia alternativa alla realtà. Il brainstorming ha prodotto una trama articolata. Il mio personaggio è un po’ defilato, è un gregario nella storia e nella vita. Con ridicole ambizioni di protagonismo choc. Forse sono proprio io.

 

Questo stile giornalistico di frasi brevi imperversa in tutto il panorama italiano. Non vi sembra un allontanarsi brutale dalla letteratura?

 

Faccio continuamente violenza al mio stile un po’ ridondante per tagliare e ridurre. I dialoghi, però mi piacciono veramente serrati e essenziali. La letteratura è altro. Il motivo di questa ansia da brevità è che la letteratura, o meglio la scrittura, tende sempre più ad allontanarsi dal descrittivo e avvicinarsi al mondo dell’immagine e del cinema. Non a caso show, don’t tell si legge in quasi tutti i manuali di scrittura contemporanea.

Bisogna decidere se è prioritario avere un pubblico o rimanere geni incompresi tutta la vita perché il nostro stile più ‘letterario’ non supera il vaglio dell’editor di turno.

 

Com’è il mercato editoriale italiano e come lo vedete in prospettiva. Ci sarà spazio per nuovi autori italiani?

Spazio ce ne sarà, anche se, essendo questo un mercato, gli autori che si affermeranno saranno sempre quelli che si adatteranno alla moda o al genere del momento. O quei rarissimi casi in cui ci sarà una tale originalità da lasciare spiazzato qualsiasi detrattore. Come il caso di Monsterpiece, as esempio!

 

Secondo uno studio, nel 2024 il mercato del self publishing sarà pari a quello delle case editrici negli Stati Uniti. Un simile scenario è verosimile?

 

Penso di sì, anche se i lettori faranno sempre più fatica a non farsi bidonare e gli autori a non farsi scaricare di frodo. Ci saranno, e credo che già ci siano, agenzie che forniranno come servizio le recensioni a pagamento, che manipoleranno le classifiche in modi più o meno leciti e ci saranno le CE, e già ci sono, che per non subire la concorrenza dei self, prenderanno le maggiori autrici self e le attrarranno nella loro CE, spesso per lo spazio di un mattino, creando alter fuggevoli meteore.   Insomma un mondaccio. Comunque gli Stati Uniti sono un altro mondo, dove gli autori guadagnano e sono rispettati, a tutti i livelli. Se loro stanno virando per il self, vuol dire che conviene veramente. A qualcuno.

Rino:

Com’è nata l’idea di Monsterpiece?

 

Il progetto è nato per iniziativa di Jean Pierre, che ha lanciato una campagna di adesione nel gruppo Facebook “Quelli che...”.

Io mi sono aggiunto alla fine perché in quel periodo seguivo poco il gruppo e non avevo avuto occasione di leggere il suo post. Quando l'ho fatto l'idea mi ha colpito e ho chiesto di partecipare. Mi attirava la possibilità di confrontarmi con altri aspiranti scrittori, oltre al fatto che si trattava di qualcosa di innovativo. In effetti non ho mai sentito di un romanzo scritto a ventiquattro mani, che poi sarebbero diventate venti, per cui ho deciso che due di quelle sarebbero state le mie.

 

Qual è il vostro percorso letterario? Che tipo di lettori siete?

 

Non ricordo un periodo della mia vita di cui la lettura non abbia fatto parte. Ho cominciato a 6 anni con Topolino per poi passare alla fantascienza verso gli 11-12. Ricordo ancora il mio primo romanzo Urania: si trattava de “L’araldo dello sterminio” di Michael Shaara, anche se in realtà non fu il primo che mi ritrovai tra le mani.

All'epoca mio padre stava leggendo “In una piccola città” di Frank Belknap Long, la cui copertina, disegnata da Karel Thole, mi procurò qualche incubo e mi dissuase dal leggerlo subito. Se vi interessa sapere perché, cercatela sul web e provate a guardarla con gli occhi di un undicenne di oltre trent'anni fa. Oggi, nell'era di The Walking Dead, non fa lo stesso effetto, ma vi assicuro che all’epoca mi procurò qualche notte insonne, un po’ di tempo prima che cominciassi a provare altri tipi di turbamento per motivi decisamente più piacevoli.

Da allora non ho mai smesso di divorare libri, al ritmo di 1-2 a settimana, passando attraverso una miriade di generi differenti: libri di storia, classici italiani, russi, francesi e anglosassoni (inclusi Promessi Sposi e Divina Commedia, anche se in quest’ultimo caso mi limitai al solo Inferno, che trovavo più congeniale al mio carattere), Harmony (ebbene sì), Liala (sì, avete letto bene), thriller, fantasy, romanzi mainstream, erotici (con qualche puntata nel porno), biografie, saggi, fotoromanzi, enciclopedie, etichette di bottiglie, cartelloni pubblicitari, graffiti e praticamente qualsiasi altra cosa mi capitasse sotto tiro.

A distanza di anni questa mia malattia è tutt’altro che guarita. Anzi, direi che oggi sto decisamente peggio di allora.

 

Monsterpiece è un libro corale. Cosa lo tiene insieme?

 

Ritengo che il collante del romanzo sia lo sforzo che ognuno di noi ha fatto per integrare i propri personaggi all’interno della storia. Una volta creati e gettati nella mischia, essi si sono via via arricchiti grazie agli apporti di tutti noi, trasformandosi quasi per magia in persone reali, coerenti ma allo stesso tempo umane e imprevedibili. Hanno cominciato a interagire tra loro quasi contro la nostra volontà, e questo ha fatto sì che il tutto diventasse organico, cosa che all’inizio era tutt’altro che scontata.

Per quanto riguarda l’inevitabile differenza negli stili, abbiamo semplicemente deciso di considerarla un valore aggiunto piuttosto che un limite. Tra l'altro, con il passare del tempo, ciascuno di noi ha finito con l'assorbire qualcosa dagli altri fino a mitigare questo aspetto, senza però snaturarlo.

Anzi, potrebbe essere divertente per chi legge individuare le diverse mani.

 

Come nascono le vostre storie? Avete un piano preciso dall’inizio?

 

Siamo partiti dalla definizione dei personaggi e da un canovaccio molto generico che prevedeva che agissero nel periodo precedente al lancio del primo talent televisivo di scrittura creativa, ovviamente ispirato a Masterpiece.

Nella prima fase abbiamo eletto un regista, votando gli incipit che ciascuno di noi aveva prodotto, poi ogni autore si è messo al lavoro impostando una linea narrativa che intersecasse quelle degli altri.

La trama è emersa grazie a un “brain-storming lento”: brain-storming perché le idee di ciascuno hanno stimolato gli altri ad ampliarle e svilupparle, lento perché il tutto è avvenuto in differita, tramite email, Facebook e Dropbox.

Il regista in origine avrebbe dovuto limitarsi ad aprire e chiudere il romanzo, oltre che ad assemblare le varie parti e renderle coerenti, ma siccome come regista hanno scelto me, e io morivo dalla voglia di scrivere, il suo contributo nel tempo è lievitato.

Tutto questo è avvenuto mesi prima della messa in onda del programma, e non avendo noi idea di come si sarebbe poi effettivamente sviluppato, abbiamo lavorato molto di fantasia, facendo terminare la storia con un grosso colpo di scena il giorno dei provini TV.

 

Questo stile giornalistico di frasi brevi imperversa in tutto il panorama italiano. Non vi sembra un allontanarsi brutale dalla letteratura?

 

Sì. Scherzo, ovviamente. Io prediligo uno stile caratterizzato da frasi lunghe, con molti incisi, alternate a periodi brevissimi che uso per scandire il ritmo della narrazione o per sottolineare un passaggio. Nelle scene d’azione uso in genere frasi più brevi per trasmettere l’idea della velocità e cambio spesso punto di vista, tecnica che ho mutuato dal cinema. A questo proposito mi è tornata molto utile la lettura di un saggio sul montaggio cinematografico (riecco la mia malattia che salta fuori).

Per tornare alla domanda, quando andavamo a scuola le maestre ci ripetevano sempre di usare frasi brevi per evitare di commettere errori e rendere così meno comprensibile il testo. Evidentemente qualche autore ha imparato la lezione talmente bene da non riuscire più a fare altrimenti.

Una volta ho letto un libro pseudo horror di un’autrice a mio parere enormemente sopravvalutata in cui non c’era una frase una che superasse le 5 parole: l’ho trovato ripugnante. Probabilmente Proust si è rivoltato nella tomba quando è stato pubblicato, visto che tra l’altro era stato presentato come un caso editoriale.

Quindi, sì, lo stile di cui parli, salvo eccezioni che però al momento non mi vengono in mente, mi sembra un brutale allontanarsi dalla letteratura.

 

Com’è il mercato editoriale italiano e come lo vedete in prospettiva. Ci sarà spazio per nuovi autori italiani?

 

Spero proprio di sì, anche perché altrimenti staremmo sprecando tempo. I bravi autori, se appena viene loro data una possibilità, di solito emergono, ed è nell’interesse delle case editrici fare in modo che sia così. Bisogna avere la fortuna, propiziata dalla costanza e dall’intraprendenza, di incontrare l’editore che crede nel suo e nel nostro lavoro.

Detto così sembra facile, eh?

 

Secondo uno studio, nel 2024 il mercato del self publishing sarà pari a quello delle case editrici negli Stati Uniti. Un simile scenario è verosimile?

 

Credo di sì, anche se in assenza di una promozione adeguata la maggior parte di quei libri sarà destinata ad avere una diffusione ridottissima. L’unica scelta di questi autori è auto promuoversi usando tutti i mezzi a loro disposizione, quindi soprattutto tramite i social. Purtroppo in questo io non sono molto bravo anche perché, pur credendo nel valore di ciò scrivo, nell’intimo sono convinto di non poter essere io a giudicarlo. Per questo abbiamo Giuseppe, che invece è un vulcano di idee e un grande motivatore.

Io resto un po’ all’antica e spero che una casa editrice seria ci prenda in considerazione per una pubblicazione.

 

 

 

 


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